Gl’inganni felici, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile interno, che porta agli appartamenti reali, con trono.
 
 CLISTENE con seguito e BRENNO
 
 CLISTENE
455Brama il chiaror di una regal corona
 chi non ne prova il peso; e pur quell’oro
 è luce che tormenta e non illustra.
 I vassalli riposi
 solo il re custodisce e più di ogni altro
460ei veglia impaziente,
 perché il comun travaglio in sé risente.
 
    Non è bella sul crin la corona
 che par fregio e non è che catena.
 
    È un aggravio che il capo imprigiona;
465è un inganno che alletta e dà pena. (Ascende sul trono)
 
 Chiamisi ’l trace.
 BRENNO
                                  È mio l’uffizio; or vado.
 CLISTENE
 Io qui dal regio soglio
 udirò ciò ch’ei chieda. (Oh quanto orgoglio!)
 
 SCENA II
 
 ARBANTE, CLISTENE e BRENNO
 
 ARBANTE
 Adargonte, de’ Traci
470monarca invitto e mio signor sovrano,
 Clistene, a te cui Pisa, Elide e tutto
 d’Elle il flutto vicin serve e soggiace,
 di affetto in segno invia salute e pace.
 E perché sia più forte
475la temuta alleanza,
 brama e per me ti chiede
 la tua figlia in isposa al prence Orgonte,
 di re sì grande unico figlio erede.
 Clistene, e poi che non farà di grande
480a’ nostri acciari ’l tuo poter congiunto?
 Ove mai giungerà dell’armi vostre
 sconosciuto il terrore? Io già preveggo
 da imeneo sì giocondo
 pender tremante e poi vassallo il mondo.
 BRENNO
485(Costui, per dire il vero,
 con quella brutta sua fisonomia,
 più che di ambasciator, ceffo ha di spia).
 CLISTENE
 Quanto, amico, mi pregi
 che un re sì grande e formidabil chieda
490la mia alleanza e l’amor mio, vedrallo,
 dove possa far io
 cosa che non disdica
 all’alta dignità del nome mio.
 Ben del chiesto imeneo, che a me sarebbe
495di vantaggio e di gloria, il non poterne
 dispor m’è grave a suo favor. La figlia
 al principe di Atene
 ho promessa in isposa; e torre altrui
 l’obbligata mia fé, come potrei
500senza mio scorno e senza
 irritare ad un punto uomini e dei?
 ARBANTE
 (Ciò mi era noto e simularlo è forza).
 Giusto è il mio re né vuole
 ch’altri per lui sia ingiusto. Ei sarà sempre
505della tua gloria amico e del tuo impero.
 CLISTENE
 Tal finor l’ho pregiato e tal lo spero.
 Nella mia reggia intanto (Scende dal trono)
 riposerai fin che ti aggrada e quante
 puote un genio sovran grazie impartirti,
510Clistene te le accerta. Oggi disposta (A’ suoi cortigiani)
 sia la caccia regal nel vicin parco.
 Di onorarti...
 ARBACE
 Di tradirti...
 A DUE
                          Sarà solo il mio incarco.
 BRENNO
 
    Alla caccia, alla caccia.
 Sol questo è il mio diletto.
515Altri di amori, io vo di belve in traccia.
 
 SCENA III
 
 ARBANTE
 
 ARBANTE
 Bel campo mi si addita
 a pro del mio signor che, quando sono
 di vantaggio al suo prence, i tradimenti
 perdono il nome; e son virtù, non colpe;
520o se pur colpe son, sono innocenti.
 
    Talora le frodi
 son pegno di fé.
 
    Al sen perché annodi
 l’amabile oggetto,
525Orgonte diletto,
 le tramo per te.
 
 SCENA IV
 
 Sala di pitture.
 
 ARMIDORO intento a fare un ritratto
 
 ARMIDORO
 
    Luci belle, chiare stelle,
 por la mano in ciel presume
 chi imitarvi ardisce e tenta.
 
530   Per ritrarre i vostri lampi,
 formi pria fiamma che avvampi,
 così che l’occhio e la destra
 vegga il lume e l’ardor senta.
 
 Luminoso sembiante,
535ti disegno con l’ombre e già mi avveggo
 che a ritrarre il tuo bello
 un tuo sguardo val più del mio pennello. (Si mette a dipingere)
 
 SCENA V
 
 AGARISTA in disparte ed ARMIDORO
 
 AGARISTA
 (Tutto è intento Armidoro
 a colorire un volto; e se non erra
540lo sguardo nel desio,
 egli è il ritratto sol del volto mio).
 ARMIDORO
 Beltà divine, e come
 ch’arda al vostro chiaror voi non vorrete,
 se ancor finte mi ardete.
 AGARISTA
545(E perché le tue pene
 scopri al ritratto e all’esemplar le taci?)
 ARMIDORO
 Quanto vi bacierei!
 Ma di avervi a guastar temono i baci.
 AGARISTA
 (Miei rispetti, non più). Tanto, Armidoro,
550per un ritratto hai le pupille accese?
 ARMIDORO
 (Oimè! Certo il conobbe o pur m’intese). (Sorge e nasconde il ritratto)
 AGARISTA
 Ti turbi? E tu il nascondi? Io mi contento
 che ami quel volto; (ei capirà).
 ARMIDORO
                                                          (Che sento!)
 Hai veduta l’immago?
 AGARISTA
                                            E la conobbi.
 ARMIDORO
555Né ti sdegni ch’io l’ami?
 AGARISTA
                                               Anzi lo voglio.
 ARMIDORO
 Sarà troppo l’ardir.
 AGARISTA
                                      Non me ne offendo.
 (Così m’intenderà).
 ARMIDORO
                                       (Così l’intendo).
 Dunque mia tu sarai?
 AGARISTA
                                           Che?
 ARMIDORO
                                                       Dell’immago
 parlo, Agarista.
 AGARISTA
                               E in me ti affissi?
 ARMIDORO
                                                                  Or io
560che tu fossi, credea, l’idolo mio.
 AGARISTA
 Forse n’ho le sembianze?
 ARMIDORO
                                                 Il tuo bel volto
 distinguer non saprei da quel che innanzi
 vagheggiai dipingendo.
 (Così m’intenderà).
 AGARISTA
                                       (Così l’intendo).
565Dammi ’l ritratto.
 ARMIDORO
                                    Il cor mi chiedi.
 AGARISTA
                                                                   A nulla
 il ritratto ti serve,
 se goder puoi l’original.
 ARMIDORO
                                              Son pago,
 quando avrò l’esemplar, darti l’immago.
 AGARISTA
 Non più.
 ARMIDORO
                    (Bell’artifizio amor mi detta).
570Prendi. (Le dà uno specchio)
 AGARISTA
                  Ora in lui ravviserò quel volto
 che il sen ti accese. È questi un vetro. Errasti.
 ARMIDORO
 Non errai. S’ivi impresso
 miri ’l tuo volto, egli è il ritratto istesso.
 AGARISTA
 Tanto ardir!
 ARMIDORO
                          Non ti dissi
575che somigli a chi adoro.
 AGARISTA
 (Date loco, o rossori).
 Finger non posso più. T’amo, Armidoro.
 
    Divise ha le sue fiamme amor fra noi.
 L’un dell’altro è reso amante.
 
580   Se tu avvampi al mio sembiante,
 io mi struggo a’ lumi tuoi.
 
 ARMIDORO
 Taci; ecco il re. (Si ritira)
 
 SCENA VI
 
 CLISTENE ed AGARISTA; ARMIDORO in disparte
 
 CLISTENE
                               Godo vederti, o figlia,
 men torbida la fronte e più tranquille
 sotto il ciglio seren l’egre pupille.
 AGARISTA
585E pur non son contenta.
 CLISTENE
 Dello sposo Demetrio...
 AGARISTA
                                             (Infausto nome!)
 CLISTENE
 I molli vezzi ed il gentil sembiante
 vinceranno ogni doglia.
 AGARISTA
 (Mi riapri la piaga ancor grondante).
 CLISTENE
590Ma perché non sottentri
 a’ vicini diletti invido affanno,
 oggi a caccia regal meco verrai.
 AGARISTA
 (Mi proponi un piacer ch’io non curai).
 CLISTENE
 Oggi più t’orna il seno,
595più t’infiora le chiome e più pomposa
 rendi la tua beltà, che ben conviene
 fregio maggiore a dignità di sposa.
 
    Or che imeneo per te le faci accende,
 fa’ pur la tua beltà
600quanto più sai vezzosa.
 
    Pompa di lusso
 non si riprende
 in regia sposa.
 
 SCENA VII
 
 AGARISTA ed ARMIDORO
 
 ARMIDORO
 E in isposo Demetrio il regio padre
605a te diede, Agarista?
 AGARISTA
                                        E non ti turbi?
 ARMIDORO
 Novella più gradita
 giungermi non potea.
 AGARISTA
                                          (Sono tradita).
 E godi che altri usurpi
 ciò che a te destinai?
 ARMIDORO
                                         T’abbia Demetrio
610che Armidoro godrà.
 AGARISTA
                                         Taci, spergiuro.
 ARMIDORO
 Se Demetrio ti sposa, altro non curo.
 AGARISTA
 Traditor, e mi amasti?
 ARMIDORO
                                            Ancor ti adoro.
 AGARISTA
 Menti...
 ARMIDORO
                  E se m’ami ancor, fa’ ch’io ti veggia
 sposa a Demetrio.
 AGARISTA
                                    (In quali
615labirinti di duol l’anima inciampa?
 Forse così la mia costanza ei tenta.
 Empio, per gastigarte,
 vo’ veder di schernire arte con arte).
 Demetrio sposerò, già che tu il brami.
620Contento sei?
 ARMIDORO
                            L’alma mi brilla.
 AGARISTA
                                                             Ah indegno
 del mio cor, del mio affetto!
 ARMIDORO
                                                     O caro sdegno!
 AGARISTA
 Mio Demetrio sarà.
 ARMIDORO
                                       Mi dai la fede?
 AGARISTA
 Mi scorderò fin di Armidoro il nome
 per punirti, o infedel.
 ARMIDORO
                                          Sempre, Agarista,
625gastigami così ch’io mi contento.
 O dolcissimo sdegno!
 AGARISTA
                                          O fier tormento!
 ARMIDORO
 
    Vezzosette pupilette,
 quanto volete, odiatemi
 ma odiatemi così.
 
630   Quell’ira è la mia pace.
 Sdegnoso più mi piace
 l’occhio che m’invaghì.
 
 SCENA VIII
 
 AGARISTA
 
 AGARISTA
 Tu mi amasti? Tu mai? Vile ch’io fui
 ad abbassar l’affetto mio regale
635in un’alma plebea,
 in un’alma incostante!
 Ah, una bella discolpa è quel sembiante.
 
    Su quel bel volto assiso
 fu amor che m’ingannò.
 
640   Mi fe’ vedere il viso
 ma il cor non mi mostrò.
 
 SCENA IX
 
 Loggie reali.
 
 ARBANTE e SIFALCE
 
 ARBANTE
 Pria che il giorno tramonti,
 ti vedrò di Agarista
 possessor fortunato.
 SIFALCE
                                       Il gran disegno
645come pensi eseguir?
 ARBANTE
                                        Caccia regale
 per me nel vicin bosco oggi ordinata
 ha Clistene; con lui verrà la figlia.
 Ivi rapirla intendo.
 SIFALCE
                                      A lei d’intorno
 veglieranno i custodi.
 ARBANTE
                                          Inermi e sparsi,
650de’ tuoi fidi guerrieri
 cadranno agl’improvvisi urti primieri.
 SIFALCE
 Ma come uscir col prezioso acquisto
 potrem di Grecia?
 ARBANTE
                                     È poco lunge il lito,
 ove su forte legno, a tal effetto
655corredato e agguerrito,
 daremo impazienti
 le bianche vele inver la Tracia a’ venti.
 SIFALCE
 Ben oprasti. Secondi ’l ciel gl’inganni.
 ARBANTE
 E poi nascano inciampi,
660ti appianerà ogni strada
 il temuto fulgor della tua spada.
 
    Stanno sempre in lega uniti,
 con gli arditi, amor e sorte.
 
    L’uno e l’altra si compiace
665di alma audace
 secondar l’impeto forte.
 
 SCENA X
 
 SIFALCE
 
 SIFALCE
 Chetatevi, o pensieri. A che agitarvi
 così vicini al porto?
 Per pochi indugi a tollerar vi esorto.
 
670   Pensieri, avrete pace;
 e quella pace avrete
 che amor già vi rubò.
 
   Godrete la beltà
 che tanto vi agitò;
675né più vi struggerà
 fiamma vorace.
 
 SCENA XI
 
 ALCESTE e SIFALCE
 
 ALCESTE
 Pace come aver puoi,
 infelice Sifalce,
 da’ tradimenti tuoi?
 SIFALCE
                                        (Scoperto io sono).
 ALCESTE
680Ma Sifalce, che dissi? Orgonte sei.
 SIFALCE
 (Non vi è più dubbio. Oh dei!)
 ALCESTE
 Principe no, ma traditor, ma solo
 de’ talami reali
 violator profano.
 SIFALCE
                                 (E come il seppe?)
 ALCESTE
685Ahi che vidi? Che udii?
 SIFALCE
                                              (Mi sembra insano).
 Meno furore, Alceste.
 Che vedesti? Che udisti? A che mi sgridi?
 ALCESTE
 Cose vidi ed udii che sì agitato
 m’hanno lo spirto ed il pensier, che appena
690mi lasciano il respiro;
 e non so come vivo e come spiro.
 SIFALCE
 Narrami ’l tutto.
 ALCESTE
                                 Ascolta. Erami accinto,
 per iscoprir de’ tuoi novelli affetti
 l’origine e gli eventi,
695a scongiurar gli spirti averni e Pluto...
 SIFALCE
 Che intendesti?
 ALCESTE
                                Quand’ecco
 ombra pallida, esangue e fuor dell’uso
 lagrimosa e dolente,
 entra il cerchio segnato e tutta lorda
700di sangue e pianto, a me sì parla e spesso
 le vien dal duolo atroce
 tra il singhiozzo e il sospir rotta la voce.
 Turbar ti senti?
 SIFALCE
                                Io? Nulla.
 ALCESTE
 «Vedi, Alceste» dicea
705«vedi un’alma infelice,
 da mentite lusinghe
 allettata e schernita,
 senza onor, senza vita.
 Vedi una principessa,
710del tessalo monarca unica figlia.
 Oronta io sono, Oronta,
 per troppo amor, per troppa fé già morta».
 SIFALCE
 (Che sento!)
 ALCESTE
                          E non ti turbi?
 SIFALCE
                                                       A me che importa?
 ALCESTE
 (O cor di sasso!)
 SIFALCE
                                 Altro hai che dirmi?
 ALCESTE
                                                                        Ascolta.
715«Va’» seguia l’infelice
 «va’ e Sifalce ritrova; ah, non Sifalce
 ma Orgonte l’infedel, che mi tradì,
 e per me in fiero suon sgridal così:
 "Oh di regie fanciulle
720violator lascivo, alma da trace,
 bel trofeo che ottennesti,
 ingannando una vergine innocente?
 Una vergine, oh dio,
 che te già del suo cor, te del suo regno,
725te del suo letto avea chiamato a parte
 col titolo di sposa, anzi di serva.
 Ah, dall’ora fatale
 che mi lasciasti, iniquo,
 su le vedove piume
730a trar torbide notti e freddi sonni,
 come ti ha sostenuto
 questo suol che tu calchi?
 Questo ciel che ti vede?
 Quest’aura che respiri?
735Anzi, come hai potuto
 tu il peso sostener del tuo peccato,
 anima vile e cavaliero ingrato?
 E puoi frenar i pianti ed i sospiri,
 crudel?"»
 SIFALCE
                     Rider mi fai. Perché ti adiri?
 ALCESTE
740«Ma che lagrime spargo? A che consumo
 inutili lamenti? Ah, se nol credi (Snuda uno stilo)
 a me, credilo a un ferro; e perché io possa
 seguirti ed agitarti, ombra insepolta,
 al mio sangue, o crudel, credilo ormai». (Alza il ferro per piagarsi)
 SIFALCE
745Ferma, Alceste, che fai? (Gli trattiene il colpo)
 ALCESTE
 Ciò disse e fece la tradita Oronta;
 poi con alto sospiro all’aure sparve.
 SIFALCE
 Questi furono, Alceste, o sogni o larve.
 Ma de’ miei novi amori
750nulla ti disse?
 ALCESTE
                             E il misero racconto
 nulla ti mosse?
 SIFALCE
                               Ho il core in calma e solo
 mi spiacea che di Oronta
 troppo al vivo esprimessi ’l volto e i gesti.
 ALCESTE
 (Cor mio più non sperar; troppo intendesti).
 SIFALCE
 
755   Vorresti farmi piangere
 ma pianger non poss’io l’altrui martoro.
 
    Allora piangerò
 che mio far non potrò
 quel bel che adoro.
 
 SCENA XII
 
 ALCESTE e poi AGARISTA
 
 ALCESTE
760Va’, crudel, va’, tiranno
 dell’onor mio, della mia pace. Oh numi,
 troppo lenti nell’ira!
 Numi offesi, che fate?
 
    I vostri fulmini a chi serbate,
765se tutti in seno non li vibrate
 del traditor.
 
    Su, dall’etra incenerite...
 Ah, no, fermate.
 Più tosto cadano
770queste vendette sul mio dolor.
 
    Troppo cara mi è la sua vita
 e, in onta ancora del mio furor,
 l’amo, benché infedel, benché tradita.
 
 AGARISTA
 Così dolente, Alceste? A me i sospiri,
775a me lascia i tormenti.
 ALCESTE
                                            (Alma, per poco
 frena il giusto dolor). Di che ti affligi?
 AGARISTA
 T’ingannò, quando disse
 che mi amava Armidoro.
 ALCESTE
                                                E come il sai?
 AGARISTA
 Dopo avere all’ingrato,
780ah vil che fui! le fiamme mie scoperte
 ed io le sue dal suo bel labbro intese,
 con non torbida fronte,
 anzi con lieto ciglio udì l’infido
 col principe Demetrio i miei sponsali;
785e mi soggiunse poi l’empio spergiuro:
 «Quando t’abbia Demetrio, altro non curo».
 ALCESTE
 (O vago scherzo!) Ei t’ingannò né affanno
 nascer ti dee da così dolce inganno.
 AGARISTA
 E tu pur prendi a scherno il mio martoro?
 ALCESTE
790Ti consiglio, Agarista,
 quando Demetrio avrai, lascia Armidoro.
 AGARISTA
 Io Demetrio, giammai. Pria s’apra il suolo...
 ALCESTE
 Frena l’impeto e il duolo.
 Sappi che sotto il nome
795di Armidoro si asconde
 quel principe Demetrio, a te consorte.
 AGARISTA
 Che ascolto?
 ALCESTE
                          Il ver. Sei più infelice?
 AGARISTA
                                                                     O sorte!
 ALCESTE
 Ti è più pena la frode?
 AGARISTA
                                            Anzi mi alletta.
 Ma vo’ anch’io meditar la mia vendetta.
 
800   Dar martiri a chi si adora,
 è il trofeo della beltà.
 
    Far ch’ei sparga o due sospiri
 o una meza lagrimetta
 è un piacer che par vendetta,
805è una dolce crudeltà.
 
 SCENA XIII
 
 ALCESTE
 
 ALCESTE
 E pur ritorni ad agitarmi ’l seno,
 o mio tradito amore? Ancor sopporti
 l’ingrata compagnia di un’infelice?
 Se le lagrime mie
810forse care ti son, già piansi tanto
 che sugli occhi or mi manca
 per troppo lagrimar l’uso del pianto.
 
    Crudo amor,
 se al mio duol tu dai fomento,
815men godrai del mio cordoglio.
 
    Ma se lasci di piagarmi,
 tosto il cor del suo tormento
 sentirà tutto l’orgoglio.
 
 SCENA XIV
 
 Giardino.
 
 ARMIDORO e SIFALCE
 
 ARMIDORO
 (Ecco Sifalce).
 SIFALCE
                             (Ecco Armidoro).
 ARMIDORO
                                                               (Oh quale
820ira)...
 SIFALCE
              (Qual odio)...
 ARMIDORO
                                         (In sen mi bolle!)
 SIFALCE
                                                                           (Io sento!)
 A DUE
 (Forse ch’è mio rival ma nol pavento).
 SIFALCE
 Tu, che vai qui vagando?
 ARMIDORO
                                                Ad ogni piede
 è qui libero il varco.
 SIFALCE
                                       Ove son io,
 tu sempre non sarai.
 ARMIDORO
                                         Poco m’importa.
 SIFALCE
825Perché non mi conosci,
 così audace favelli.
 ARMIDORO
                                     E forse troppo
 ti conosco qual sei.
 SIFALCE
 Altrove il folle ardir ben punirei.
 ARMIDORO
 Né qui né altrove io so temer Sifalce.
 SIFALCE
830Se mio eguale tu fossi,
 vorrei sfidarti a pugna.
 ARMIDORO
 Son qual tu vuoi.
 SIFALCE
                                  Dunque la spada impugna. (Si battono)
 
 SCENA XV
 
 AGARISTA, BRENNO e i suddetti
 
 BRENNO
 Olà, fermate.
 AGARISTA
                           Entro al real giardino
 sì audaci? Onde tant’ire?
 ARMIDORO
835(Che dirò?)
 SIFALCE
                         (Son confuso).
 BRENNO
                                                      Ov’è l’ardire?
 ARMIDORO
 Ei pretende che sia
 più lodevol la sua dell’arte mia.
 AGARISTA
 E musica e pittura
 sono in gare di gloria?
 SIFALCE
                                           È ver. (L’inganno
840secondar mi conviene).
 AGARISTA
                                             Ognuno esponga,
 giudice me, le sue ragioni. Il labbro
 dee decider la lite e non il brando. (Si asside)
 ARMIDORO
 Mi accheto al tuo voler.
 SIFALCE
                                             Giusto è il comando.
 BRENNO
 Io pur m’assido e le ragion di entrambi
845con fido orecchio attendo.
 Già di tutto m’intendo. (Si asside)
 ARMIDORO
 Pennello industre...
 SIFALCE
                                      Armonico concento...
 ARMIDORO
 Imita la natura.
 SIFALCE
                                In ciel si pregia.
 ARMIDORO
 Quello gli occhi ricrea.
 SIFALCE
850Questo gli spirti incanta.
 ARMIDORO
 Il mio pinge i trionfi.
 SIFALCE
                                          Il mio li canta.
 ARMIDORO
 La mia arte...
 SIFALCE
                            Il mio studio...
 ARMIDORO
 È muta poesia.
 SIFALCE
 È pittura loquace.
855Il mio parla agli affetti.
 ARMIDORO
 E la mia li convince allor che tace.
 SIFALCE
 Tu dall’ombre ricavi
 ogni tuo lustro.
 ARMIDORO
                               E tu il confidi all’aure.
 SIFALCE
 Ogni goccia corrompe
860l’opre de’ tuoi sudori.
 ARMIDORO
                                          Un sol momento
 vivon le tue; poi le disperde il vento.
 AGARISTA
 Non più. Fu detto assai; decider voglio.
 BRENNO
 Sono in un grande imbroglio.
 AGARISTA
 Quanto allo spirto il corpo cede e il senso,
865tanto cede un pennello
 a musico concento.
 SIFALCE
                                     Udisti?
 ARMIDORO
                                                     Oh dio!
 AGARISTA
 (Così principio a vendicarmi anch’io).
 BRENNO
 Ed a me non si bada? (Ad Armidoro)
 Il parer non si attende?
870Per serbar l’onor mio, meglio è ch’io vada. (Si parte)
 AGARISTA
 Va’, mio Sifalce, al re.
 SIFALCE
                                          Dolce comando.
 Di’ che a lui sarò in breve. E tu qui resta. (Ad Armidoro)
 ARMIDORO
 L’alma paventa e non so come è mesta.
 SIFALCE
 
    Vado e volo in un momento
875col desio di compiacerti.
 
    Solo turba il mio contento
 il dolor del non vederti.
 
 SCENA XVI
 
 ARMIDORO ed AGARISTA
 
 ARMIDORO
 Meco certo è sdegnata.
 Né pur voce mi porge;
880né pur guardo mi gira.
 AGARISTA
 
    Ho cangiato il primo affetto.
 Per chi ardea non ardo più.
 
    Altro nome ha il mio diletto.
 Altre chiome
885mi han ristretta in servitù.
 
 ARMIDORO
 (Qual freddo tosco entro del sen mi scorre?)
 AGARISTA
 Te solo amo, Demetrio.
 ARMIDORO
                                             (Alma, respira).
 AGARISTA
 E sol teco, Armidoro, il cor si adira.
 ARMIDORO
 Così tosto obbliasti
890di Armidoro gli affetti?
 AGARISTA
 Di Armidoro che parli?
 Vaneggi. Chi è costui? Mi è nome ignoto.
 ARMIDORO
 Quel tuo amante sì fido e sì divoto.
 AGARISTA
 Me stessa consacrai tutta allo sposo
895a me dato dal padre,
 stabilito dal cielo.
 Non ho altro amante e questo solo adoro.
 Perché non è Armidoro.
 ARMIDORO
 L’ami pria di vederlo?
 AGARISTA
                                            Io l’ho presente.
 ARMIDORO
900Come?
 AGARISTA
                 Amor lo dipinge agli occhi miei.
 ARMIDORO
 Ma s’ei fosse Armidoro?
 AGARISTA
 Tosto l’aborrirei.
 ARMIDORO
 Parta da me, Agarista,
 ciò che in odio aver puoi. Parta il mio nome.
905Altro prender ne voglio a te più grato.
 Più Armidoro non son. Son già cangiato.
 AGARISTA
 Chi sei?
 ARMIDORO
                   Demetrio.
 AGARISTA
                                        Chi?
 ARMIDORO
                                                    Di Atene il prence.
 AGARISTA
 Nol curo.
 ARMIDORO
                    Egli è il tuo sposo; egli è il tuo bene.
 AGARISTA
 T’inganni.
 ARMIDORO
                      E perché mai?
 AGARISTA
                                                   Non posso amarti.
910Odio al par di Armidoro anche Demetrio.
 ARMIDORO
 Donde l’odio novel?
 AGARISTA
                                       Non ti diss’io
 che ben Demetrio amava
 ma, s’ei fosse Armidoro,
 tosto l’aborrirei?
 ARMIDORO
915Più Demetrio non sono
 né Armidoro son più.
 AGARISTA
                                          Dunque chi sei?
 ARMIDORO
 Sono un’alma infelice,
 agitata dal duol.
 AGARISTA
                                Sia chi tu voglia.
 
 Implacabile, inesorabile
920ti fuggirò, ti aborrirò.
 
 Perché fosti Armidoro.
 Or va’; frodi t’inventa.
 (Così fingo vendette e pur l’adoro!)
 
    Impara a fingere,
925con chi t’ama.
 
    Spesso l’inganno
 ritorna in danno
 di chi lo trama.
 
 SCENA XVII
 
 ARMIDORO
 
 ARMIDORO
 Fermati, idolo mio. Ma più del vento
930fuggi per non udir gli aspri miei guai.
 Maledette mie frodi,
 quando per ingannarmi io vi trovai.
 
    Vorria pur ridere
 delle mie lagrime
935il dio d’amor.
 
    Ma sento ancor nell’alma
 la calma del contento
 in onta del dolor.
 
 Il fine dell’atto secondo